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venerdì, 19 Aprile 2024

I colossi del web dovranno aiutare gli editori

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Mentre in Europa gli Stati si preparano a recepire con leggi nazionali i contenuti della Direttiva sul copyright, che obbliga i colossi del web a contribuire, mediante accordi con gli editori, alla produzione e distribuzione dei contenuti creativi anche di natura giornalistica, in Australia si fa strada una politica ancora più aggressiva nei confronti dei giganti digitali.

In tempi di Covid le casse di questi ultimi si sono riempite ulteriormente, mentre quelle degli editori sono sempre più vuote. Dopo trattative fallite un anno fa, l’Australian Competition and Consumer Commission (ACCC) sta preparando un codice che imporrà ai giganti del web un prezzo per l’uso dei contenuti.

A breve l’autorità australiana per la concorrenza pubblicherà un codice che obbligherà i colossi digitali a pagare i gruppi editoriali per i loro contenuti pubblicati. L’iniziativa dovrebbe aiutare i media a ottenere maggiori ricavi sull’informazione di qualità.

Un paio di mesi fa Facebook ha presentato un documento di 58 pagine in cui dichiarava che le notizie sono un contenuto “ampiamente sostituibile” e che se anche avesse cancellato tutti gli articoli pubblicati in Australia non avrebbe notato la differenza, mentre ritiene di essere indispensabile per i media per la sua capacità di generare click: ha quantificato di avere prodotto, tra gennaio e maggio, 2,3 miliardi di click per i loro contenuti. La recente introduzione, negli Usa, della sezione News di Facebook sta forse cambiando qualcosa dal momento che compensa circa 200 editori.

E’ di qualche settimana fa anche l’annuncio di Google di pagare alcuni gruppi editoriali in Germania, Australia e Brasile per la condivisione sul web di articoli.

Dunque gli Over the top, più che accondiscendere in modo supino ai diktat degli editori e dei governi, intendono puntare su una condivisione selettiva dei costi e delle responsabilità, stipulando accordi solo con alcuni grandi editori e per alcuni contenuti di interesse. La soluzione australiana, però, potrebbe fare scuola anche altrove e aprire la strada all’imposizione di vincoli più stringenti per gli Ott.

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